Tuesday, April 29, 2014

L'amore ai tempi dello sciopero della Tube

Martedi' 29 aprile. Primo giorno di sciopero della metro. Linee sospese o disrupted (servizio a intermittenza su tratte del percorso). Autobus che si muovono a stento con gente che esce letteralmente dai finestrini (meglio morire che fare tardi a lavoro). Code alle fermate. Folla sulle banchine.

Insomma, un giorno di ordinario caos in una citta' che gia' di suo non e' l'archetipo della pace zen.

In un giorno come questo, se non altro, tutte le assurde formalita' del londinese decadono, e la gente tira fuori quello che ha dentro.

Per cui sulle banchine la gente si incazza se gli passi davanti.

Per cui la gente spinge per entrare nella metro, entra comunque dopo di te infilandoti nella schiena un triciclo portatile, e non ti chiede scusa. E poi la stessa gente chiede ad alta voce di fare spazio alle persone nella carrozza, dove c'e' un affollamento da deportazione e il sottoscritto non tocca praticamente terra, e nemmeno sono l'unico tra l'altro.

Carrozza nella quale sei pressato tra quattro persone, di cui senti ogni osso, spigolo, o odore. E' come fare sesso di gruppo senza l'unica cosa figa, cioe' il sesso. Peraltro sarebbe sesso di gruppo gay visto che sono circondato da uomini, e non e' nemmeno il mio genere, fanculo.

Per cui la gente che deve uscire si incazza con chi non si sposta, chi si sposta si incazza perche' chi non si sposta gli fotte il posto, e tutti si mandano allegramente a cagare.

Per cui alla fine arrivi al lavoro e i tuoi colleghi sono tutti qua, e tu con capisci dove cazzo siano passati.

Insomma, oggi per l'aria c'e' tanto amore. Quell'amore che solo un giorno di sciopero della metro a Londra puo' dare.

Domani si replica.

Monday, January 13, 2014

One of these days

Ci sono giornate un po' così...non so come dirlo in francese...un po' del cazzo, ecco.

Viverle in trasferta, diciamo, le rende ancora più "così". Ci si può sempre distrarre, qua a Londra le occasioni non mancano mai, ma non è la stessa cosa di condividerle.

Io prendo queste giornate come quei giorni in cui pratichi il tuo sport preferito e non ti riesce nulla, oppure prendi in mano la chitarra e escono fuori i lamenti di una iena affamata nel deserto.
Non puoi comunque tirarti indietro, ci sei dentro e devi andare. Allora li considero come degli allenamenti, certo che la prossima volta andrà senz'altro meglio, cercando di tirare fuori il meglio dalla situazione - fosse anche solo una tecnica di sopravvivenza in più - e allo stesso tempo cercando di non causare troppi danni.

Se non ne faccio, la giornata è andata. Un divano prima o poi si trova su cui abbandonarsi a maglione appena tolto. Al resto, ci pensa Masterchef USA.

Tuesday, January 07, 2014

Il Natale é roba seria

Il Natale a Londra é roba seria. Serious shit, come dicono qui.

Il clima festivo e' un po' ovunque. Nei vestiti. Negli addobbi. Negli accessori. Nei parchi, nei quali compaiono veri e propri Luna Park istantanei. E, ovviamente, nei party - perché questa e' una party town, piaccia o no.

Lo straniero che condivide questo approccio sappia che sia il suo fegato sia il suo senso del ridicolo verranno messi a dura prova durante questo periodo. Se si supera questo, e' probabile che dicembre sia un mese molto divertente - per quanto estremamente distruttivo.

Alcuni dei modi di festeggiare degli inglesi di Londra:

1. famiglia. Sí, strano a dirsi gli inglesi di Londra hanno una famiglia, e Natale é il momento per riunirsi - fratelli, sorelle, genitori, tutti insieme nella stessa casa a mangiare, celebrare e guardare la TV insieme. Due palle. Infatti sia prima che dopo si sfondano. E il sospetto dell'expat é che si sfondino anche di fronte alla TV - ma per quello non si puó avere conferma.

2. accessori. Quest'anno é andato di moda il Christmas Jumper. Avete presente il maglione di Darcy in Bridget Jones? Ecco, ho scoperto che quello e' il maglione di Natale: alci, slitte, babbi natali, e qualunque altro orrore decorativo possa essere messo su lana. Solo che quest'anno la tradizione é diventata anche moda, per cui Christmas Jumpers erano non sono il qualunque vetrina, ma esibite orgogliosamente per strada da giovani e adulti allo stesso tempo. Ho fatto una riunione con un brand manager che indossava con orgoglio un maglione pieno di campanelle. "non ce l'ha nessuno", mi ha detto con orgoglio. Ecco.

Detto questo, cappelli rossi e corna di alce in stoffa sono in qualsiasi negozio e su qualsiasi commesso. Non si sfugge, se lavori a contatto con il pubblico il cappello rosso prima o poi ti tocca. Be warned. Io lavoro al chiuso e l'ho scampata (eheh).

3. mulled vine. Cioé vino cotto. Rigorosamente con cannella. Altrettanto rigorosamente a litri. Quest'anno non ha fatto particolarmente freddo, ma in fondo sticazzi, who needs excuses here to drink?

4. Minced pies. Sono tortine di pastafrolla ripiene di una strana marmellata. Qua ne vanno pazzi, in pratica é il loro panettone. A me sono sembrate esattamente quello che sembrano: tortine di pastafrolla ripiene di una strana marmellata. Non ho capito perché siano natalizie e perché piacciano cosí tanto. Ma che gli inglesi fossero strani si sapeva giá.

5. I party di Natale. Il discorso qua é semplice: gli inglesi (e non solo loro, ma insomma...) giá si distruggono durante l'anno. Tuttavia chi ha famiglia, figli, vive fuori, ecc. chiaramente non ha il rifugio del pub al we. Le uscite sono contingentate. Le responsabilitá guidano il comportamento e lo conducono a scelte piú morigerate e conservative.
A Natale no. Quando si esce con l'Azienda, si esce TUTTI. Mogli, mariti, figli, fidanzati/e si arrendono all'evidenza che il Christmas Party non puo' essere saltato. E questo vale a tutti i livelli: dai giovani newcomers ai dirigenti piú senior. Risultato: un rapporto cibo: drinks di 10:90. Maratone alcoliche se si allungano nella notte a caccia del prossimo bar aperto. Scene di devastazione tra camicie sbottonate, collassi, tavolini rovesciati, approcci improbabili. Chi aspetta questo momento per avere la sua ora d'aria vuole sfruttarlo fino all'ultimo prezioso secondo. Chi é giá assuefatto alle feste si trova nel suo ambiente naturale. Insomma, tutti remano nella stessa direzione per un glorioso ultimo fine: la Perfetta Sbronza di Natale. Siamo tutti un po' Point Break.

Tuesday, November 12, 2013

Con i mezzi pubblici a Londra arrivi dovunque.

Se uno paragona il trasporto pubblico di Londra con quello di Roma non e' che ci sia molto da discutere. Il livello della sfida e' il treno monorotaia cinese da 300 km/h contro la carrozza ottocentesca a 4 cavalli. Davide contro un Golia incaprettato.

Tuttavia i mezzi inglesi presentano le loro asperita'. Tralasciando il diabolico sistema delle paline con le lettere - immaginarsi la miseria di cercare la fermata giusta sotto l'acqua, a due gradi sotto zero, per poi vedere il proprio autobus passare...nella corsia opposta, visto che qui guidano a sinistra - una delle trappole peggiori che ti si presentano e' l'interruzione della corsa. Alla fermata x. Just because.

In pratica, lo user journey e' il seguente:

GIORNO: ricerca della fermata in condizioni metereologiche miserabili (a quello non si sfugge senno' non e' londra), vento e pioggia orizzontale al suolo (tu piu' bagnato del tuo ombrello) nel 50% dei casi. Autobus arriva a tutta birra rischiando di fare una strage, entri, trovi il tuo posto, rifiati e ti disponi a questi 30 minuti all'asciutto (si fa per dire). Dieci minuti e una voce dall'alto (non il buon dio, ma in genere un autista pakistano e scoglionato il cui accento lo rende vagamente piu' comprensibile di un libanese ubriaco che parla sott'acqua) annuncia che la prossima e' l'ultima fermata, l'autobus si ferma li'. Ora, a parte lo scorno di abbandonare la propria postazione al si fa per dire asciutto, una domanda sorge cristallina e spontanea: dove cazzo sono?!? perche' se so che un autobus va da A a B in mezz'ora, non e' che abbia l'interesse a tracciare il mio percorso fermata dopo fermata. dunque fermata in punto non noto (spesso), in attesa che un autobus della stessa linea passi e ci prenda per portarci poi al prossimo punto in cui la corsa si interrompera'.

NOTTE: leggi sopra, ma aggiungi il buio, le linee notturne, i circa 2 gradi celsius, l'accento pakistano impastato di sonno, e due birre. Almeno.

Il virus delle corsa interrotta e' come la malaria: rimane li' dormiente e quando meno te lo aspetti coplisce - ma sempre quando hai una fretta del porco o stai dormendo in piedi e fuori pure i pinguini si lamentano per il freddo. Nessuna linea ne e' immune.

Come disse un passeggero con problemi di deambulazione alla seconda interruzione di corsa sulla stessa linea (il 24):
"this is no way to treat passengers!"
"we're not passengers, we're customers" risponde una signora.
E lui: "we're not customers. we're kettle".

In attesa della prossima corsa.




Friday, October 11, 2013

Ricordati che vivi a Londra, ultima parte - ...e certificato non fu

Dove ero rimasto? Ah, a Londra, ovvio. E' gia' un  po' che sono qui, in effetti. E non ho ancora il maledetto certificato.

Tuttavia, passato il disorientamento iniziale, adesso ho un piano. Un piano d'azione preciso, ecologico, realizzabile. Quanto e' confortevole sapere cosa fare, e come. O dovrei dire, credere di sapere?

In ogni caso, ignorando le stellette che promettono morte certa piu' o meno ovunque, scelgo di andare in un centro medico dietro casa mia, e soprattutto aperto la domenica. Mi presento la domenica mattina di buon'ora (le 10, che per una domenica e' una buona ora) e praticamente mi faccio ridere in faccia perche':
1 - non e' che vai la' con documento e tessera sanitaria inglese e ti iscrivi cosi'. seee. troppo facile.
2 - leggi punto 1, ma adesso immaginalo detto dalla Nurse con sorriso sprezzante alla mia evidente ignoranza/semplicita' di pensiero.
3 - alle dieci di mattina mi arrogo l'insindacabile diritto di non capirli, questi qua. e loro si arrogano l'ovvio diritto di sfottermi per questo.

Insomma, me ne esco con un libro di moduli da compilare e il leaflet del posto.

Passa una settimana. Torno con i moduli compilati. Vado all'ora di pranzo, cosi' ho gia' due caffe' in corpo e piu' speranze di capirli. Li capisco, infatti mi dicono di tornare tra una settimana e verificare che il mio nome sia inserito nel sistema informatico. Una settimana. Per inserire nome, cognome, postcode, telefono. mah.

Torno dopo due settimane (puo' succedere che la domenica uno abbia da fare. tipo dormire...) e il mio nome e' effettivamente nel sistema. Fantastico!, penso, finalmente posso vedere un medico!

La nurse mi guarda perplessa - anche se lo sguardo sembra perplesso di suo. Per quale motivo deve vedere un dottore?, mi chiede. Le spiego del certificato e della palestra. Lo stupore aumenta: se vuole il medico glielo faccio incontrare, ma secondo me il certificato non glielo fa.
Ora tocca a me stupirmi: e' un medico, per quale motivo non dovrebbe farmi il certificato?

Ancora una volta dimentico di essere a Londra.

Dopo una breve attesa entro nella stanza del medico. Si immagini un salottino vittoriano, in dimensioni ridotte, e si ha l'idea dello studio del medico. Mi fa accomodare, si prende le mie generalita' che appunta disciplinatamente in quel sistema informatico nel quale sono presente da almeno una settimana, mi misura la pressione - qua hanno la mania della pressione, in 2 mesi me l'hanno misurata 7 volte, giuro. secondo me qua ai ragazzini insegnano a misurare la pressione invece di dissezionare le rane - poi mi chiede per quale motivo sono da lui. Glielo dico. Mi guarda imbarazzato e mi fa: e ma io il certificato non te lo posso fare! E se poi ti succede qualcosa?
(il movimento della mano e' troppo rapido perche' il suo occhio lo possa notare. e se lo nota sticazzi).
Cosa mai mi dovrebbe capitare, in palestra?, gli rispondo. E aggiungo: lei e' un medico: mi visiti!!!

Non si puo' fare. Qui i medici non ti visitano perche' se poi ti succede qualcosa e' colpa loro. Nemmeno avessi chiesto un certificato di immortalita'.

C'e' pero' una soluzione, mi fa. Ah, sí? Certo! Basta scrivere al proprio medico e farsi mandare la propria storia clinica.

Cerco di spiegargli che l'Italia non e' proprio la stessa cosa dell'Inghilterra, ma senza convinzione: questo non ci fa, ci e'.

Solo che a questo punto mi rifiuto di uscire da li' a mani vuote, e per tigna lo spingo a prescrivermi un elettrocardiogramma. Lo faccio contento, anche, perche' si sente utile, e si prodiga a darmi informazioni sul dove e come eseguire un controllo che non ho nessuna intenzione di fare.

Sono passate 6 settimane da quando sono qui, e mi sono finalmente reso conto che non avro' nessun certificato. Esco da la', torno a casa, indosso una tuta e mi dirigo verso la palestra vicino casa mia.

Non mi chiedono il certificato, ma 50 pound. Quando li pago sono contenti, mi danno un aciugamano e il lucchetto per l'armadietto.

Ora si', mi ricordo: vivo a Londra.

Tuesday, September 24, 2013

Ricordati che sei a Londra - terza parte

E' arrivato il momento. Il dato è tratto, la misura è colma, e pure io non mi sento tant...ah, no, quella era un'altra citazione.

Insomma, per quanto io possa traccheggiare (procrastinare convintamente, in romanesco) alla fine questo certificato deve uscire fuori. E l'unico che può produrre un certificato è ovviamente un medico di famiglia, cioè un GP, come si dice qui.

La procedura è semplice. Si va sul sito del NHS, il National Insurance Service, si inserisce il proprio codice postale (ottanta tra lettere e numeri. cap ti sogno. roma ti amo) e voilà, ecco listate in ordine di distanza dalla mia porta tutti i centri medici dove poter fare il certificato. Fantastico, ci sono gli orari...alcuni sono aperti anche la domenica...e infine, incredibile, le recensioni. Cinque stelle, come per i film!

Allora, vediamo...
mmm...
una stella..."assassini". vabbè, una giornata storta può capitare. diamo un'occhiata a questa...ah due stelle...meglio, dai..."sono rimasta due ore in sala d'attesa con una gamba fratturata mentre l'infermiera leggeva ad alta voce le 50 sfumature". Ah, e vabbè, quelli sono gusti. Vediamo, una stella e mezza, ahi...ok, proviamo..."mentre sanguinavo il dottore mi ha chiesto di tenere premuto con la mano mentre consultava il Manuale medico for dummies".

E vabbè, ma dove sono capitato?!?? E che cazzo però!!!

Ho capito, vado a quello vicino casa e tanti saluti. Speriamo di non morire, ma soprattutto speriamo di uscire con un certificato.

Illuso.

Wednesday, September 04, 2013

Il genio incontra il genio - ricordati che sei a Londra pt. 2

Riassunto della puntata precedente per chi e' troppo pigro per scrollare: per usufruire della palestra aziendale ho bisogno di un certificato. La palestra si trova a Londra. E anch'io.

La burocrazia e' uguale ovunque, ovvero e' ovunque una trascrizione in regole dell'imbecillita' umana. Piu' la regola e' imbecille, piu' e' destinata a durare.

Da questo punto di vista, l'Inghilterra e' un trionfo: cio' che e' sulla carta, per quanto idiota, e'; cio' che non e' sulla carta, per quanto possa essere ragionevole e di buon senso, non e'. Non lo fanno apposta: non si fanno nemmeno venire il dubbio che ci possa essere un'alternativa a questo modo di procedere.

Comunque, tornando a noi.

L'utilizzo della palestra (che evidentemente a Londra e' un sinonimo accettabile di sgabuzzino, viste le dimensioni della suddetta) prevede un'induction, cioe' qualcosa del tipo: ti faccio vedere le macchine e come si usano, le uscite di sicurezza, gli ascensori, eccetera. L'induction si prenota via mail, a giorni di distanza, nonostante il tipo che sta li', sportivo quanto un biliardino e altrettanto atletico, non sembri proprio uno che si ammazza di lavoro.

Arriva il gran giorno, mi fanno vedere lo sgabuzzino, pardon, la palestra, lo spogliatoio, le uscite, eccetera. Poi passiamo a me. Misurazione della pressione: perfetta. Scheda di autovalutazione. Problemi alimentari: nessuno. Allergie: gli freghera' qualcosa dei pollini? Naaa. Risposta: nessuna.
Problemi fisici: nessuno, ma...purtroppo qualcosa scatta in me. La parte piu' astuta di me si regala 5 minuti di black out, la cognizione di stare a Londra scompare improvvisamente, il genio prende il sopravvento...e con il pensiero che un giorno il biliardino mi avrebbe potuto addirittura segnare una routine di allenamento, confesso allegramente di avere una malformazione alla schiena. Niente di invalidante, ma insomma un minimo di attenzione...

Nel momento in cui il biliardino prende in mano il foglio compilato e lo guarda, il genio abbandona il mio corpo, io torno io, ma e' tardi: il danno e' fatto, anche perche' a questo punto si risveglia il genio del biliardino.

La risposta e' meno ovvia di quello che si potrebbe pensare, perche' suona piu' o meno cosi': "io lo so che ti puoi allenare, ti vedo, sei un tipo atletico (si...vabbe'...) ma so quello che il mio manager mi direbbe se vedesse questa scheda. mi direbbe che non si fida a farti usare la palestra. Abbiamo bisogno di un certificato che ci dica che ti puoi allenare."
Penso: Lei me lo direbbe, ma quello che me lo sta dicendo sei tu, pavido nano di merda, ma dico: mi sono appena trasferito a Londra, chi cazzo me lo fa un certificato?
Risposta, con lo stesso sorriso gelido: a noi non interessa, basta che ci porti il certificato.

Ormai il danno e' fatto, il genio del biliardino festeggia il suo trionfo, io me ne vado a orecchie basse, rosicando senza fare nulla per nasconderlo. In testa una domanda: chi cavolo me lo fa il certificato?

Se ne parla nel prossimo post.