Monday, April 27, 2009

Se di notte d'inverno un viaggiatore...Terza e Ultima Parte

Il piano è geniale nella sua diabolica semplicità: andare a piedi a Old Street.

Piccolo problema: la strada più rapida mi porterebbe dritto nel cuore di questo simpatico quartiere multietnico. Di notte. Da solo.

Mmm.

Una rapida occhiata alla mappa offre un'opzione: circumnavigare Hackney percorrendo la strada principale. E' l'equivalente dello scegliere di camminare sui cateti del triangolo, ben sapendo che l'ipotenusa sarebbe molto più rapido.

Io nelle equivalenze ho sempre fatto pena, e i cateti mi sembrano stranamente attraenti questa notte. Inoltre potrei essere così fortunato da trovare, nel tragitto, un minicab che mi porti a casa per un prezzo che sarebbe evidentemente esorbitante, se non fossi in un mood da “il mio regno per un cavallo”.

Chissà se commetto il mio ultimo errore non controllando se l'Overground è in funzione, dato che mi sembra di vedere una luce attraversare le rotaie in lontanza.


La strada non è buia ma è stretta tra file di palazzi massicci e poco illuminati. Sembrerebbe una situazione difficile, e invece la via si è già ricoperta di magia. Londra ha deciso che la neve è una cosa meravigliosa e nonostante l'una sia ormai passata da un pezzo i marciapiedi sono pieni di persone.

Due ragazze con tratti arabi camminano in vestaglia, macchina fotografica in mano. Il padre le segue a due metri di distanza guardandosi intorno con professionalità da body guard.

Poco più avanti un ragazzo in accapatoio riprende la scena con il suo cellulare.

Davanti alle case sono già spuntati i primi pupazzi di neve, e altri ne stanno nascendo di fronte ai miei occhi, partoriti da gruppi di ragazzi di varie età.

I negozianti dei negozi aperti 24ore su 24 assistono divertiti, birra in mano, commentando le scene in lingue che sono tutto tranne inglese.

Ogni tanto incontro qualche stazione di minicab, ma ovviamente non ci sono vetture a disposizione. Ma ormai sono stato contagiato dal virus della regressione causato dalla tempesta e non mi importa, non posso far altro che continuare a camminare cercando di ignorare il bagnato che ha ormai penetrato il cuoio degli stivali.

E dunque cammino, tra fiocchi, pupazzi, schiamazzi notturni, silenzi altrettanto notturni. Due gang giovanili si stanno confrontando.

A palle di neve.

Facendosi scudo con dei pupazzi.

Bambini fanno a palle di neve con i propri genitori come se fossero le dieci di mattina.

Ovunque le macchine fotografiche sono costrette agli straordinari.

Per strada poche sporadiche macchine. Di taxi o surrogati neanche l'ombra lontana, in una notte in cui tutti sono a loro modo un po' ombre.


Arrivo a Old Street intorno alle due. Lì sono certo di trovare un minicab. Lo trovo, infatti: arriverà dopo quaranta minuti e mi chiederà 30 sterline anticipate. Due settimane prima ho usufruito dello stesso servizio a meno, ed eravamo in quattro. Decido tra me e me di contrattare – e d'altra parte non ho 30 sterline con me. Ovviamente accetto le condizioni e altrettanto ovviamente esco a cercare un altro minicab che mi porti a casa prima e a minor prezzo. Non mi sorprende di non trovarne.


La stazione è una stanzetta piccola e male riscaldata. Dopo circa trenta minuti di attesa arriva finalmente il minicab che mi porterà a casa. Mi alzo risoluto per contrattare, guardo l'autista e altrettanto risolutamente decido di pagare i 30 pound senza fiatare. L'armadio – perchè di quello si tratta nonostante braccia e gambe – ha gli occhi iniettati di sangue ed è decisamente nervoso. Ci mettiamo d'accordo affinchè si fermi al primo ATM, cosi da saldare immediatamente il conto.


L'armadio è stanco morto e si vede, ma per fortuna il navigatore satellitare gli dice dove andare. Alla prima rotonda infatti ci segnala con voce meccanica ma chiara che la svolta è a duecento metri...cento mentri...cinquanta mentri...venti metri...e infine dietro di noi...

Giriamo intorno alla piazza per tre volte fino a che non azzecchiamo l'uscita giusta. La scena si ripete alla rotonda successiva e a quella ancora dopo.

Manchiamo un altro paio di svolte, facciamo inversione di marcia per mancarle ancora. Finalmente imbocchiamo la svolta giusta. Passiamo alla mia destra la stazione di Westbourne Park, giriamo a destra e finalmente, a sinistra, arriviamo a destinazione. Sono le tre di notte e l'armadio mugugna uno stentato “'night” prima di rimettersi in moto e scomparire dopo pochi metri immerso nella bufera.


Salgo a casa. Sono vagamente stremato, vagamente euforico, vagamente felice e totalmente fradicio. Rimango mezz'ora seduto sul letto a fissare il muro e a digerire tutta questa notte, poi mi stendo.

Se ci sono considerazioni da trarre da questa notte ci penserò domani.


Good night, London.

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